I can’t breathe, le rivolte in piazza, i quadrati neri sui social, le influencer che usano #blacklivesmatter per fare vedere il rossetto nuovo

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Io non sono nera e non vivo in America né ci ho mai vissuto.

Ancora.
Io non sono nera, non vivo in america, non ci ho mai vissuto. Ho amici neri che vivono o hanno vissuto in America, ho letto saggi sulla questione razza, mi informo da anni, leggo, studio.
Ho una PARZIALE idea di cosa possa voler dire vivere quella situazione. Parziale non rende l’idea però.
Meno, molto meno.
Ho subito episodi di razzismo, mio padre insieme a me, mio fratello anche, mia mamma quando è insieme a mio padre pure.
So bene di non poter paragonare il mio dolore e le mie esperienze a quelle di chi vive in una situazione che da decine e decine di anni è un fottuto buco di paura, discriminazione e cattiverie.
Non credo nemmeno che basterebbe studiare e leggere sull’argomento il triplo di quel che già ho fatto. È uno di quei casi in cui penso che no, se non l’hai vissuta non puoi sapere com’è.
Se non sai com’è aver paura quando ti fermano in macchina perché hai la pelle un po’ più scura della loro, se non sai com’è avere le statistiche che ti urlano in faccia che non raggiungerai la stessa educazione di uno un po’ più chiaro, se non sai com’è venire ammazzati per aver usato una banconota falsa.
Mi fa paura vedere determinate immagini, mi fa molta paura anche la violenza che si riserva sui social.
Mi fa paura vedere come si riversi odio anche quando si è dalla stessa parte, come diventi tutto una lotta a chi l’attivismo lo fa bene (sempre noi, gli altri sbagliano sempre).
A me la cosa dei quadrati neri non è piaciuta tanto. Non mi è piaciuta perché l’ho visto pubblicato da persone che fino a ieri -quasi letteralmente- ho sentito dire cose schifose, giustificandole davanti alla mia faccia con frasi sulla linea del “va beh, ma tu non sei nera”. Non mi è piaciuta perché la trovo un modo per mettere in vista sé stessi e non la causa. Non mi è piaciuta perché in tanti casi si è usato l’hashtag che dovrebbe essere usato per condividere informazioni, ora più che mai.
Però. Ho visto che l’hanno pubblicato anche persone che credono veramente che possa servire e che so avere a cuore la causa, chi sono io per attaccarle e dire che non serve a niente?
In modo similare io capisco assolutamente il bisogno di doversi rivoltare anche in modo violento se necessario ma per la mia natura estremamente pacifica (che penso derivi in buona parte da quello che mi ha sempre insegnato mio padre, un giorno vi racconto del razzismo nella bellissima Londra e di come per anni non voleva comprassi i Dr.Martens perché li collegava a cose non bellissime) allo stesso tempo mi fa fare discorsi sicuramente stupidi sulla linea di “sarebbe bello se si potesse protestare senza fare male a nessuno”. So di non aver mai provato una rabbia così grande per una cosa che non dipende da me e per cui non posso fare nulla e non so come reagirei, però.
Mi fa male vedere come oltre alle immagini di violenza per strada in quello che sembra sempre di più un film e non la realtà per la follia delle cose che stanno succedendo la violenza si riversi anche in aggressioni inutili sui social.
Perché sì, forse sarebbe bello che le influencer le attrici i cantanti whatever usassero la loro voce per parlare di razzismo e violenza ma io non vedo il punto di insultarli se non lo fanno. 
Non vedo il punto di insultare chi esprime un’opinione diversa dalla nostra su questa questione (OVVIAMENTE ci sono cose su cui non prevedo variazioni, non concepisco nulla che non sia un odio viscerale per quel ginocchio premuto per nove minuti), non capisco il perché attaccarsi in continuazione anche in un momento in cui gli effetti dell’odio ci vengono sbattuti in faccia e fanno tanto male.
Mi rendo conto di essere molto ingenua e probabilmente il mio odio per il conflitto di qualsiasi tipo non aiuta.
Però sapete cosa aiuterebbe?
Leggere dei libri, supportare i black business, smettere di fare battute di merda, non dire negro perché l’avete sentito in una canzone e perché tanto siete così woke che ve lo potete permettere, pensare di sapere tutto sulla questione se non l’avete visto sulla vostra pelle, scoprite influencer con la pelle diversa e che magari ne sanno qualcosa di più, stare in silenzio per nove minuti respirare e provare ad immaginare la paura di George Floyd mentre veniva ammazzato.
Basta dover trasformare tutto in una crociata da social, non è questo il punto, davvero. Possono essere uno strumento utile per saperne di più ma per favore, non fatene una questione solo di quello perché davvero non è così.
Leggere, studiare, ascoltare, imparare e tentare di comprendere. Urlate meno.

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